Il diritto del creditore all’ effettiva esecuzione della sentenza (art. 24 Cost.) e il pignoramento di stipendi e pensioni e quello di somme depositate su conto corrente bancario
Il pignoramento dello stipendio, quello della pensione e quello delle somme depositate su un conto corrente bancario sono molto frequenti.
Il Tribunale può ordinare alla banca di pagare il creditore del correntista prelevando dal conto la somma necessaria a saldare il debito.
Può anche ordinare al datore di lavoro o all’INPS di versare 1/5 dello stipendio o della pensione al creditore del dipendente o del pensionato, sino a quando il debito non sarà stato interamente pagato.
Tutto sembra perfettamente lineare. Il pignoramento infatti è possibile solo se c’è una sentenza (o un atto equivalente) che riconosce il credito. E il diritto del creditore a eseguirla concretamente è garantito non solo dall’art. 24 Cost, ma anche dall’art. 6, § 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo(1)
La pensione e il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale (art. 38 Cost.)
Questo diritto può però metterne in discussione altri, questa volta del debitore, pure essi garantiti dalla Costituzione.
Pensiamo, ad esempio al diritto al mantenimento e all’assistenza sociale che la Costituzione riconosce ad chi è inabile al lavoro e privo di mezzi (art. 38, comma 1 Cost.).
In varie occasioni la Corte Costituzionale ha affermato che le pensioni servono proprio per dare concreta attuazione a questo diritto.
Il pignoramento di anche solo di 1/5 della pensione può però essere un vero e proprio “colpo di grazia” per chi percepisce una pensione bassa.
La conseguenza è la lesione di un diritto costituzionalmente garantito.
Da molti anni, il legislatore e la giurisprudenza cercano, con risultati non sempre ottimali, di trovare un punto di equilibrio tra il diritto del creditore a ottenere il pagamento del suo credito e quello del pensionato debitore al mantenimento dei mezzi necessari ad un’esistenza dignitosa.
I limiti al pignoramento della pensione: la Corte Costituzionale si pronuncia (sentenza 506/2002)
A cavallo della guerra, il legislatore aveva previsto alcune limitazioni alla pignorabilità delle pensioni (2).
Le norme erano però completamente insufficienti e non risolvevano in modo soddisfacente il problema,
Solo pochi anni fa, la Corte Costituzionale ha finalmente individuato con la sentenza nr. 506 del 4 dicembre 2002 il punto di equilibrio tra il diritto del creditore (a pignorare la pensione) e il diritto del pensionato (a disporre di mezzi economici sufficienti).
Dice la Corte che
- la parte della pensione pari al minimo vitale deve essere impignorabile
- la rimanente parte deve essere pignorabile, ma solo per 1/5.
Il primo problema: a cosa corrisponde il minimo vitale?
La sentenza della Corte Costituzionale non ci dice però a quanto corrisponda il minimo vitale non pignorabile.
La decisione è stata rimessa all’apprezzamento dei giudici cui di volta in volta si rivolgeva chi subiva il pignoramento della pensione (3)
Come è naturale le valutazioni dei giudici sono state piuttosto eterogenee.
C’è stato chi ha ritenuto impignorabile l’intera pensione(4) ; altri hanno dichiarato pignorabile 1/5 del suo totale ammontare(5).
Altri ancora hanno determinato l’importo impignorabile con riferimento all’assegno sociale ex art. 3, comma 6 e 7 l. 8/8/1995 n. 335 (ex pensione sociale)(6)
Il secondo problema: quando la pensione arriva sul conto diventa interamente pignorabile?
Nella pratica si poneva poi un secondo problema.
Una volta che la pensione era stata accreditata sul conto corrente, valevano sempre i limiti alla sua pignorabilità indicati dalla Corte Costituzionale?
Tecnicamente, infatti, dopo il versamento sul conto corrente, qualsiasi importo perde la sua originaria natura e si trasforma in un credito del correntista verso la banca.
Sembrava quindi che, una volta pervenuta sul conto corrente del pensionato, la pensione potesse essere pignorata come qualsiasi altra somma.
Questo significava, di fatto, togliere qualsiasi significato alle indicazioni della Corte Costituzionale, anche perché nel 2011 è cessato il pagamento in contanti delle pensioni di importo maggiore di 1000 euro.
La Corte sollecita, il legislatore (finalmente!) interviene.
La Corte Costituzionale, investita della questione, con la sentenza nr. 85 del 15 maggio 2015 ha invitato il legislatore ad intervenire per dare tempestiva soluzione al problema
Arriviamo così ai giorni nostri e al D. L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito in legge 6 agosto 2015, n. 132, che ha introdotto nell’art. 545 del codice di procedura civile tre nuove disposizioni sul pignoramento delle pensioni che chiariscono finalmente quale sia la quota impignorabile delle pensioni e in che misura siano pignorabili le pensioni già accreditate su conto corrente.
Il “nuovo” comma 7 dell’ art. 545 riguarda le pensioni dovute ma non ancora pagate (dunque, le mensilità future) e chiarisce che:
- non sono pignorabili per un importo pari all’assegno sociale aumentato della metà
- per la rimanente parte sono pignorabili, come previsto dai commi 3,4 e 5 dello stesso art.545 nella misura autorizzata dal giudice per crediti alimentari, per 1/5 per ogni altro credito e, in caso di concorso di crediti alimentari e non, per un massimo di 1/2)
Il nuovo comma 8 riguarda il pignoramento delle pensioni accreditate sul conto corrente, e precisa che:
- Se sono state accreditate prima del pignoramento, non può essere pignorato l’importo pari al triplo dell’assegno sociale (e dunque può esserlo solo la rimanente parte)
- Se sono state accreditate il giorno del pignoramento o successivamente si applica la regola di cui al comma 7 (vedi sopra)
E’ molto importante la norma dei cui al comma 9, secondo cui è inefficace il pignoramento che superi i limiti previsti dalla legge.
Questa inefficacia può essere rilevata d’ufficio dal giudice; e, quindi, anche se non c’è un’espressa richiesta in tal senso da parte del pensionato che ha subito il pignoramento.
Cosa fare?
Se ci arriva la notificazione di un atto di precetto o di un atto di pignoramento presso terzi è assolutamente necessario rivolgersi a un legale.
Prima lo si fa, meglio è.
Il fai-da-te in questi casi può avere conseguenze disastrose.
Se il creditore pignora le somme presenti sul conto corrente bancario o postale, una volta notificato il pignoramento ci si trova comunque con il conto corrente bloccato: non si possono più effettuare prelevamenti.
Nel frattempo, su quel conto continua ad essere accreditata la pensione che dunque non è più possibile utilizzare.
Dopo il pignoramento, c’è l’udienza in cui il giudice decide quali somme assegnare al creditore.
E’ vero che il giudice può dichiarare comunque inefficace il pignoramento di somme provenienti da pensioni per la parte che superai limiti di legge.
Nulla garantisce però che il giudice, se nessuno glielo dice, si accorga che le somme sul conto corrente provengono dalla pensione!
E’ dunque necessario non perdere tempo, e tutelare i propri diritti nel modo migliore.
NOTE:
(1) Corte Cost. 419/1995, 435/1995; Corte Europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 29 marzo 2006, caso Cocchiarella vs. Italia; Cass. Civ., SS. UU., 19 marzo 2014, n. 6312)
(2) (ma solo per i dipendenti pubblici): 128 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 e art. 1 e 2 D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180
(3) trattandosi di questione di fatto incensurabile in sede di legittimità se logicamente motivata: Cass. 22 marzo 2011, n. 6548, 7 agosto 2013, n. 18755 e 26 agosto 2014, n. 18225
(4) Trib.Como, ord. 25/11/2003
(5) Corte d’Appello di Roma, 10/09/2009
(6) Tribunale di Ravenna 23/01/12
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