commercialista-campobasso-sovraindebitamentoLa legge fallimentare offre all’imprenditore vari percorsi per giungere alla cancellazione dei debiti (ad es.: gli accordi di  ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis,  i piani di  risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa di cui all’art. 67, comma 3, lett. (d), e in generale le procedure concordatarie previste dagli artr.160 e ss.).

Le norme su fallimento e concordato preventivo non si applicano, però, a chi:

  • ha avuto nei tre esercizi precedenti un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore ad € 300.000,00;
  • inoltre, ha realizzato sempre nei tre esercizi precedenti ricavi annui non superiori ad € 200.000,00;
  • inoltre, ha debiti per un totale non superiore ad € 500.000,00.

I piccoli imprenditori non possono dunque accedere alle procedure di esdebitazione  previste dalla legge fallimentare.

A questa situazione si è finalmente posto rimedio con la  legge  n°3 del  27/01/2012 (poi più volte modificata), che ha introdotto anche in Italia i procedimenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

La crisi da sovraindebitamento è una situazione di perdurante squilibrio tra risorse e debiti, che crea una rilevante difficoltà o una definitiva  incapacità  ad adempiere alle proprie obbligazioni.

Alle procedure della l. 3/2012 può accedere chiunque non sia soggetto alla legge fallimentare: e, dunque, non solo le piccole imprese, i professionisti, ecc. ma anche i semplici consumatori, cioè le persone fisiche i cui debiti siano stati contratti “per scopi estranei all’attività  imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.

La legge 3/2012 prevede, in realtà, tre diverse procedure:

  1. l’ accordo di composizione della crisi sulla base di una proposta del debitore (art. 10-11-12) cui può accedere chiunque;
  2. il piano del consumatore (art. 12 bis – 12 ter), utilizzabile solo per sanare debiti che non riguardino attività commerciale o professionale
  3. la liquidazione del patrimonio del debitore (art. 14 ter), che ha – come intuibile – conseguenze pesantissime perché può comportare la perdita di tutto il patrimonio del debitore.

Abbiamo quindi due procedure soft (accordo di composizione e piano del consumatore) e una terza molto meno appetibile (liquidazione del patrimonio)

Piccole imprese e professionisti possono utilizzare solo la prima delle due procedure più favorevoli al debitore (l’accordo di composizione).  Me ne occuperò qui di seguito, ripromettendomi di dedicare un secondo post al piano del consumatore  e alla liquidazione del patrimonio del debitore.

***

Nell’accordo di composizione della crisi  non viene necessariamente coinvolto tutto il patrimonio del debitore; e neppure è necessario che il  piano di rientro preveda il pagamento completo di tutti i debiti (fatta eccezione che per tributi “comunitari”, IVA e ritenute operate e non versate, che sono dilazionabili ma da pagarsi per intero). E’ infatti sufficiente che siano previste scadenze e modalità di pagamento dei creditori.

Il debitore deve anzitutto rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (“OCC”), che ha il compito di aiutarlo a predisporre la  proposta che sarà poi portata in Tribunale.

Insieme alla proposta andranno depositati vari documenti: l’elenco dei creditori e dei debiti, l’elenco dei beni del debitore e degli atti di disposizione degli ultimi cinque anni, le immancabili dichiarazioni dei redditi (e, se imprenditore, anche le scritture contabili) degli ultimi tre anni.  Inoltre dovranno essere allegati l’ attestazione di fattibilità del piano rilasciata dall’OCC e l’elenco delle spese correnti necessarie al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Credo non sia necessario tediare chi legge con complessi dettagli procedurali.

E’ invece utile sapere che l’accordo

  • deve ottenere l’assenso (anche tacito) dei titolari del 60% dei crediti;
  • diventa inefficace se il debitore non effettua i pagamenti alle pubbliche amministrazioni e agli enti previdenziali. entro 90 giorni dalle scadenze previste;
  • può essere annullato se il debitore ha volutamente o con colpa grave, rappresentato ai creditori una realtà diversa dal vero;
  • può in ogni caso, essere risolto dal Tribunale se il debitore non mantiene gli impegni assunti.

In caso di annullamento dell’accordo e quando gli impegni presi non vengono rispettati per responsabilità del debitore, la procedura di composizione della crisi si trasforma in  liquidazione del patrimonio.

Si tratta di una prospettiva senz’altro preoccupante, anche se un po’ mitigata dalla necessità di una colpa del debitore.

Questa possibilità dovrebbe indurre a proporre piani la cui fattibilità sia assolutamente sicura, perché in caso contrario si corre il serio pericolo di compromettere definitivamente la propria situazione patrimoniale.